Metto subito le cose in chiaro. I “repackaging“, cioè la ripubblicazione di un disco appena uscito con l’aggiunta di uno o due canzoni nuove, è una pessima moda (eufemismo, la parola giusta è un’altra, ma questo è pur sempre un blog educato…). Che penalizza soprattutto i fan, costretti a ricomperarsi l’album intero (!) per avere la nuova canzone, che ovviamente non esce in singolo. Tale moda è ancora più brutta se la fa un artista nuovo, di fresco successo.
Ovviamente a questo giudizio negativo non può sottrarsi il “repackaging” di “ChiARAMente“, l’ottimo album d’esordio degli Aram Quartet, vincitori della prima edizione, che hanno venduto bene (ma non benissimo) con questo prmo prodotto e forse anche per questo, in attesa del disco di inediti (previsto per Gennaio), provano a raschiare un altro pò di euro sotto Natale.
Detto questo, va però sottolineato che gli Aram Quartet hanno scelto un bel brano da inserire come “nuovo” rispetto alla prima versione, vale a dire la cover di “Mamma mia”. Strasuonata, stracantata, stravista al cinema dopo il successone dell’omonimo film ispirato alle musiche degli Abba e della riedizione del best of del quartetto svedese. Un modo come un altro per cavalcare l’onda del successo del momento e provare a salirci sopra. Proprio da “repackaging”.
Operazione riuscita, La loro versione è bella e particolare. Con un arrangiamento moderno, psichedelico, che esalta le loro grandi voci, anche se il confronto con la versione originale non li premia, non per loro demerito (anzi va detto che è raro sentire le canzoni degli Abba con voci maschili, hanno un altro sapore…) ma per merito degli svedesi.
I quali erano talmente anni luce avanti col loro sound da risultare ancora attuali dopo 30 anni e più e cancellare qualsiasi cover che non sia “fedele”. L’unica pecca? A tratti questa cover sembra un pò piatta. La canzone originale ha dei picchi che le danno una marcia in più. Rendendola straordinaria.
Questa versione è gradevole, si fa ascoltare, è ben cantata, ma il grandea arrangiamento e le grandi voci, invece di fondersi, sembrano quasi parti separate che si rincorrono. Hanno cantato di meglio, gli Aram. Ma del resto, quando ci si confronta con dei grandi, si parte sepre battuti. L’album però resta bello lo stesso.
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