“Bentornata Italia, dove siete stati negli ultimi 14 anni?“. Le parole di Judith Rakers sono suonate forti, alla Esprit Arena di Dusseldorf e quando è stato pronunciato il nome del nostro paese i 35 mila dello stadio sono esplosi in un applauso fragoroso. L‘Eurovision Song Contest 2011, è cominciato nel segno del nostro paese, anche se l’Italia tornerà a trasmetterlo solo giovedì e in concorso soltanto sabato. L’altra Italia, quella sotto il bicolore di San Marino ha impressionato positivamente, ma a Senit non è bastato inanellare la miglior performance della serata, unita al pezzo più genuinamente radiofonico. L’Europa le ha preferito la ballata lagnosa ma eseguita in maniera magistrale della soprano lituana Evelina Sasenko, lasciando il Titano di nuovo fuori dalla finale ingiustamente, così come avvenne per i Miodio nel 2008. (i qualificati e gli esclusi li trovate in questo post).
LEZIONE DI STILE – E’una prima semifinale che dà ancora una volta una lezione a tutti quelli che pensano alla rassegna come alla fiera del trash. Esclusione di Senit a parte, sono state premiate canzoni ed interpretazioni belle e senza fronzoli. Ragazze e ragazzi normali con canzoni di semplice costruzione e da fischiettare la mattina per mettersi di buon umore, come “In love for a while” di Anna Rossinelli che riporta la Svizzera in finale dopo 5 anni: bella voce, bella armonia, strumenti inconsueti, abito elegante ma sobrio, bella faccia da ragazza della porta accanto. La gente ascolta, gradisce, batte le mani a tempo durante la sua esibizione. Attenzione, sarà la sorpresa della finale. O come “Da Da Dam” di Paradise Oskar, minimale, non urlata. O come le armonie solari e delicate di “Coming home” dei Sjonni’s Friends (Islanda), che qualche cronista solone ha definito macabri senza neanche fare lo sforzo di sentirli solo perchè onorano l’amico scomparso, oltretutto con un pezzo tutt’altro che triste. La presenza della vedova di Sjonni Brink, nonchè autrice del testo inglese del brano, alla conferenza stampa di fine serata, è stata l’ideale prosecuzione della performance in sua memoria (ne abbiamo parlato qui).
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