“Playing for Change”, la musica come veicolo di pace

La musica come veicolo di pace. Concetto di vecchio conio ma non sempre così scontato. Tanto che a volte c’è bisogno di ribadirlo con forza. L’idea è venuta a Mark Johnson, un regista americano che ha deciso di mettere insieme musicisti di tutto il mondo legati da un progetto comune, appunto quello di portare in giro un messaggio di pace in musica.

Ne è nato un disco, “Playing for change“, che raccoglie cover di alcuni brani famosi, su tutti “Stand by me“, “One love“, “Don’t worry” e “A change is gonna come“, il cui ricavato va a beneficio della omonima fondazione onlus, che tra l’altro organizza anche un tour con una band multietnica e sta costruendo una scuola di musica a Guguletu, una delle township più povere del Sudafrica. Il cd + dvd è in vendita on line a questo indirizzo.

Sopra c’è il video di “Stand by me“, che altro non è che un montaggio di varie interpretazioni della canzone fornite da cantanti e musicisti da tutto il mondo, girato in varie parti del mondo. Per l’Europa ci sono due italiani, il chitarrista livornese Roberto Luti e il sassofonista pisano Stefano Tomaselli, il cantante olandese Clarence  Beeker, il percussionista spagnolo Django Degen, l’altro percussionista francese Francois Viguiè e il violoncellista russo Dimitri Dolganov.

“Dont’ worry“, invece vede allineati, per quanto riguarda l’Europa, Pierre Minetti (Francia, l’autore), Clarence Beeker (Olanda), Tula (Israele) e Django Degen (Spagna). In “One love“, ritroviamo Roberto Luti e Tula e compare Manu Chao (Francia).

In” War/ No more trouble“, oltre al chitarrista israeliano David Broz canta Bono degli U2, che è irlandese, accompagnato dal coro nordirlandese giovanile di Omagh e dai suoni celtici di Cathy Jordan, leader degli irlandesi Dervish. Da notare anche la presenza di Rawid Nazar, violinista dell’orchestra arabo-ebrea e dell’israeliano Ramzi Bishara.

Ancora, in “Chanda Mama“, ritroviamo Luti, Tomaselli e Tula insieme al francese Manuel Issertes alla fisarmonica e al tamburello del portoghese Pedro Morais. E poi tantissime altre interepretazioni, in duetto, soliste o dell’orchestra. L’elenco completo degli artisti sta qui, per dovere di cronaca, la lista europea si completa con Liam ‘O Maoniai (Irlanda) e l’orchestra di Nazareth.

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Idan Raichel Project, il 28 giugno a Roma la musica di pace da Israele

Se il prossimo 28 giugno siete a Roma e dintorni, passate dal parco della musica presso la cavea dell’Auditorium: non ve ne pentirete. E soprattutto, potrete ascoltare una delle cose migliori in circolazione in questo momento, musicalmente parlando.

Idan Raichel è un pianista e compositore israeliano, da sempre impegnato nella diffusione di messaggi di pace. E  a Roma presenterà il suo nuovo album “Within my walls“, del quale sopra potete ascoltare la bellissima e molto suggestiva “Chalomot Shel Acherim (Other’s dreams)”.

Il suo non è un album normale. Intanto perchè fonde insieme la musica internazionale con i suoni tipici della musica ebraica, non solo quella di Israele ma anche quella presente nelle comunità etiopi. E poi ancora suoni europei, africani, del suriname, yemeniti.

Inoltre, al lavoro partecipano 70 artisti da tutto il mondo, che accettando il suo invito a collaborare hanno dato vita a quello che si chiama “Idan Raichel Project“. Un lavoro di gran pregio, che potete ascoltare in parte sul suo myspace. Cliccando qui invece trovate “She’ eriot Shela Ha Chaim” (Scraps of life), che ha come voce quella di Amir Dadon.

Il tutto portando avanti un messaggio di pace e tolleranza, ancora più forte perchè arriva da una terra di conflitto. I critici lo hanno giudicato il miglior artista israeliano della nuova generazione. Di sicuro, la sua musica srta conquistando il mondo. Qui trovate “Rov Hashaon”.

Dalla Georgia una canzone per la pace: “Peace will comes” di Diana Gurstkaya

Quando l’ho sentita sul palco dell’Eurofestival a Belgrado, lo scorso maggio, m’ha fatto un certo effetto. Perchè è una bella canzone, ma anche perchè la canta un’artista che viene da un paese dove la pace non è mai stata una certezza. Ed i fatti attuali lo stanno a dimostrare.

Diana Gurtskaya è una delle cantanti più famose della Georgia e questa bellissima “Peace will comes”, forse un pelo retorica nel testo (che trovate qui) è un cazzotto in bocca proprio perchè la sua terra, in pace davvero non c’è stata mai. E a risentirla ora, solo tre mesi dopo, viene un brivido.

Se l’auspicio che sta nel titolo, lungi dall’avverarsi, si è ribaltato nell’esatto opposto, con una sanguinosa guerra civile che rischia di “pulire” etnicamente tutta la regione dell’Ossezia, allora forse c’è da sperare che il ritornello risuoni forte in tutte le radio. Di Tbilisi e del Mondo.

Ramazzotti diceva: “Se bastasse una bella canzone/ si potrebbe cantarla un milione di volte”. Ha ragione, non basta. Ma alla pace non bisogna mai smettere di credere. Al di là di tutto, questa canzone è molto bella e merita di essere ascoltata.